Buongiorno a tutti!
Non ho parole per esprimere il mio disappunto nei confronti di questo caldo opprimente. Dovrò prendere degli integratori, perché faccio anche fatica a camminare sotto il sole. Che afaaaa! Ad ogni modo, il clima ci permette di leggere all'aperto, preferibilmente all'ombra, e quindi arriviamo all'argomento di oggi! Un'altra segnalazione librosa che questa volta ha come protagonista "Failure to Queen", il primo della serie Boogeyman Saga nato dalla fantasia della giovanissima Irene Colabianchi:
Titolo: Failure to Queen
Serie: Boogeyman Saga #1
Autore: Irene Colabianchi
Editore: Autopubblicato
Genere: Fantasy/Romance/YA
Pagine: 304 (ebook) - 360 (prossimamente cartaceo)
Data di uscita: 27 giugno 2015
Prezzo: 2,99€
Amazon - Mondadori Store (Kobo) - Goodplay - iTunes
Trama
Crystal Young ha sedici anni e vive
con il padre in una cittadina del Vermont, sulle rive di un lago. Vive una vita
ordinaria, tra amici e scuola. Finirà per dover affrontare diverse insidie,
quando in città arriva Elliott Davis e i suoi amici. Sono ragazzi scontrosi,
misteriosi ed estremamente affascinanti.
Crystal dovrà andare alla ricerca di
spiegazioni per scoprire cosa sta succedendo e perché d'improvviso avvengono
fatti inspiegabili: il padre rischia di morire diverse volte e qualcuno sembra
proprio avercela con lui e la figlia, gli stessi Davis sono strani e lei si
ritrova ad avere a che fare con l'arrogante Elliott. Sono entrambi presi l'uno
dall'altra senza neanche rendersene conto, ma, come dice il detto, niente è come
sembra e quando Crystal avrà la risposta a tutte queste stranezze, dovrà fare
delle scelte e imparare a conoscere il mondo della Scacchiera Nera, dove i
componenti del gioco degli scacchi sono creature dall'aspetto umano e l'anima d'
ombra, che fanno riferimento all'Uomo Nero.
La Scacchiera Nera svelerà i suoi
segreti... Sarete pronti ad incontrare l’Uomo
Nero?
L'autrice
Irene Colabianchi è nata a Roma nel 1999. Frequenta il Liceo Artistico “Via di
Ripetta”. Le piace scrivere e passeggiare per i parchi della sua città. È
chiamata da tutti ‘la scrittrice’.
Elliott si siede al mio fianco, sull’altra poltrona, e fissa la
preside, senza degnarmi neanche di un saluto. Ed io dovrei passare l’intero
pomeriggio con lui a ridipingere il laboratorio di chimica e pulire i tavoli,
perché degli aspiranti scienziati devono sporcare l’aula ogni giorno.A rifletterci… Questi lavori vengono sempre svolti il venerdì e
oggi… È venerdì! Bene, sono fregata.
Piccolo
estratto:
Amy gli sorride, poi mi guarda severa. “Mi fido di lei,
signorina Young”.Annuisco, scoraggiata. “Conti pure su di me” mormoro
annoiata.Amy mi dà le chiavi dei laboratori di chimica e, con
l’entusiasmo di un bradipo, esco dall’ufficio seguita dal dio della bellezza
alle mie spalle. “Non capirò mai perché diavolo sei finito qui, proprio in
questa scuola” borbotto giocherellando con le chiavi.
Mi appoggia una mano sulla spalla ed io mi divincolo, presa da
un’improvvisa e, straordinariamente, piacevole scossa. “Non mi toccare”.
Alza un sopracciglio, la solita espressione dura. “Qui le regole
sono molto rigide”.
Penso che tra poco gli conficcherò una delle chiavi nella
coscia. “Non l’avevo capito”.
Riprendo a camminare, perché se non lo guardo, forse, la
tentazione di fargli del male scompare e del tutto, spero. I corridoi sono vuoti
e regna un silenzio spaventoso, accompagnato dallo stridio delle scarpe eleganti
di Elliott e i miei stivaletti.
Devo cercare di recuperare la calma e il mio autocontrollo. E
soprattutto devo lasciar scivolare via tutte le cavolate che dirà nell’arco di
queste ore che passeremo insieme.
Se fosse per me, l’avrei già cacciato fuori da questa scuola a
calci, ma a quanto pare in questo liceo, Elliott e famiglia, piacciono a
tutti.
Morgan mi ha riferito che Grace è davvero una ragazza simpatica
e anche molto gentile. Quando me l’ha raccontato, le volevo ridere in faccia, ma
ho visto con che serietà me l’ha detto e quindi ho iniziato a valutare l’idea di
averla giudicata con troppa superficialità.
Sinceramente, a me Grace mette i brividi. JP mi fa venir voglia
di scappare da questa scuola e Elliott di ucciderlo, una possibilità alquanto
legittima, se oggi mi fa perdere di nuovo la pazienza.
Scendiamo al piano di sotto, percorrendo in silenzio il
corridoio ed arrivando alle aule di chimica. Apro la porta della prima, l’aula
numero trenta. “Puoi anche rimanere fuori” dico ad Elliott, poggiando la borsa
su una delle sedie e osservando attentamente la stanza, per verificare il lavoro
che devo fare.
Si issa su uno dei tavoli, le gambe penzoloni e la schiena
perfettamente dritta. Mi osserva attentamente, scavandomi l’anima e sento i suoi
occhi toccare il fondo di quest’ultima, che come un rimbalzo mi percuotono.
“Cosa c’è da guardare?”
Sorride e per un attimo penso voglia chiedermi scusa per il suo
comportamento nei miei confronti. “Tu. È divertente provocarti”.
“Sì, uno dei migliori passatempi del secolo” dico acida.
Ridacchia schernendomi. “Potrebbe…”
Apro e chiudo velocemente i pugni, attirando a me tutto
l’autocontrollo che mi rimane, cioè praticamente zero. “Io… Ma fai così con
tutte le ragazze?”
“Dovresti sapere che la gentilezza non è una mia priorità,
quindi direi che puoi risponderti anche da sola” ribatte, il tono freddo e
asciutto, senza alcuna emozione.
“Mio Dio. E ti parlo pure” sbotto dandomi della stupida, quindi
raggiungo il ripostiglio, dove ci sono una serie di strumenti scientifici e
degli scatoloni, in cui sono riposti i barattoli di vernice bianca e i
rulli.
“Be’, è quasi impossibile resistermi”.
Alzo gli occhi al cielo e tiro fuori gli scatoloni. “Certo, come
no. E le altre cosa dicono del tuo ‘scusate, la gentilezza non è una mia
priorità’?” domando rifacendogli il verso.
Scrolla le spalle. “Piace”.
Corrugo la fronte e mi volto verso di lui, cercando di capire se
sta facendo sul serio o se mi sta di nuovo prendendo in giro. “Come no…”
Annuisce e salta giù dal tavolo, con l’eleganza di un felino,
quindi mi si avvicina, mantenendo il contatto visivo. “Più sei bastardo, più le
donne ti vengono dietro”.
Deglutisco, ritrovandomi prigioniera dei suoi occhi e del suo
sorrisetto beffardo. Un battito di ciglia mi tradisce e lo sguardo che ho
cercato di tenere per tutto il tempo, si abbassa, mostrando la mia debolezza.
“Peccato, sei solo un bastardo per me” dico risoluta, alzando gli occhi e
facendo un sorrisetto furbo. “Una in meno, Elliott”.
Si gratta il mento, come se stesse facendo una riflessione molto
saggia e valutasse la mia risposta da vari punti di vista. “Be’, l’ho notato. Ma
una come te non conta, se ho uno stuolo di ragazze che farebbe la fila anche
solo per parlarmi”.
Apro la bocca paralizzata, incapace di parlare. “Vorrei darti un
pugno” affermo prendendo il rullo e aprendo uno dei barattoli di vernice. “Sta’
attento, Elliott. Non mi provocare”.
Ridacchia, incrociando le braccia al petto e osservandomi mentre
sistemo i fogli di giornale lungo il battiscopa di ogni parete, per evitare
schizzi di vernice sul pavimento. “Mi ricorderò della tua minaccia, Crystal. E
per giunta del fatto che pratichi scherma e quindi sei pericolosa”.
Lo guardo male. “Ti prego, non mi parlare. Anzi, visto che
dobbiamo farlo insieme questo lavoro, tu fai il lato di destra ed io quello
sinistro, così non ci incontriamo mai e siamo concentrati ognuno a fare qualcosa
che non sia parlare” dico e quasi lo imploro, perché non riesco più a
tollerarlo.
Prendo il mio iPod dalla borsa e mi ficco le cuffiette nelle
orecchie, sparando ad alto volume la musica dei Coldplay. E finalmente ritrovo
un po’ di pace interiore, catapultandomi nella dimensione in cui voglio essere,
buttandomi alle spalle Elliott e il suo ‘scusate, la gentilezza non è una mia
priorità’.
Ma chi si crede di essere?
Forse si sente davvero Adone sceso dall’Olimpo, pronto a rubar
cuori a tutte le ragazze del liceo. Oh… Ho voglia di vomitare.
Peccato, Amy la preside dovrà farmi fare il doppio del lavoro se
imbratto l’aula dei miei residui corporei.
Passo il rullo sulle pareti, senza voltarmi neanche una volta a
guardare Elliott, perché penso che se mi volto finisco per annegare di nuovo nei
suoi occhi e non riuscire più a riemergere, neanche con un salvagente.
Penso che passino almeno due ore e la mia parte è quasi
completata. Ho già ascoltato ben due album dei Coldplay e questo mi ha aiutato a
ritrovare il sorriso. Il bradipo che c’è in me sembra essersi estinto.
D’un tratto il mio iPod si ferma sulla canzone Every teardrop
in a waterfall, che spesso ascolto a casa quando sono sola e devo preparare
la cena per me e Caleb. Mi è sempre piaciuta perché sembra darmi la carica
giusta.
Distrattamente inizio a cantarla ad alta voce e a muovermi a
ritmo di musica.
In questo periodo sto vedendo un sacco di libri con trame interessanti! Questa cosa dell'uomo nero e della scacciera nera con gli scacchi dall'aspetto umano mi intriga parecchio! ^^
Qualcuno lo ha letto? Fatemi sapere, mi raccomando!
Un saluto,
Tania
Mi ispira davvero parecchio... la trama promette bene e l'estratto è carino :)
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